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La discesa verso l'alt(r)o

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Per trovare un tesoro non serve volare. Anzi.

Solo scavando a fondo nella propria vita, rischiando il tutto per tutto, passando da cunicoli stretti e imprevisti posso andare verso il tesoro. Ma io non basto a me stesso: chi è l’ezer di cui parla la Genesi, l’aiuto a me simile che posso utilizzare per scendere nelle viscere inesplorate? Tanti gli strumenti, ma l’aiuto migliore è trascendere se stessi e per fare questo non c’è aiuto migliore di colui che è differente da me, quasi speculare: mia moglie.

Con lei posso scendere in cerca del tesoro vero. Come, non è il tesoro ultimo mia moglie? In una prospettiva cristiana non del tutto, come per Dante Beatrice, mia moglie è la scala che conduce al Paradiso, non il Paradiso - senza nulla togliere a Beatrice e a mia moglie! Solo chi è diverso da me può aiutarmi, anche nello scontro che prova a farsi incontro: come i miei piedi che possono avanzare solo poggiando su dei gradini.

E questo aiuto è reciproco, se realmente ognuno si fa strumento di crescita per l’altro. No, insieme non si raggiunge alcun nirvana ma una concretezza in cui il divino si fa sempre più prossimo, addirittura interiore. La discesa verso l’alto, la chiamano. E infatti scendendo posso, scavando, trovare il filone d’oro che solo l’oscura profondità sa dare: la luce paradossalmente la trovo nel fondo della tenebra, dove le speranze umane sono rimaste fioche. Ed è un filone che non si esaurisce, anzi si fa sempre più luminoso e ricco nella misura in cui ho il coraggio di scavare nella relazione, sfidando la fatica della discesa. Non scavo per soffrire ma scavo perché il premio è grande. Oro, non bronzo sonante!

Per crucem ad lucem: uscire da sé, morire, per rinascere nella relazione. Con mia moglie ma non solo. Si può avere oro senza fatica? Si può gustare un tesoro senza scoprirlo? Si farebbe come quei cercatori d’oro che non amano scendere nelle viscere della terra ma si accontentano, lungo i corsi d’acqua, di piccole e sporadiche pepite d’oro. Solo chi osa può giungere a filoni d’oro sempre più ricchi, illimitati nella loro luminosa grandezza. Siamo chiamati, nella relazione, a far nostro il tesoro più grande: la persona di Gesù e il suo amore per noi. Già qui, su questa terra piena di miniere inesplorate e di cercatori d’oro.

Alessandro Pucci
(partendo da una meditazione di S. Giovanni della Croce)


Dal «Cantico spirituale» di san Giovanni della Croce.

Per quanto siano molti i misteri e le meraviglie scoperte dai santi dottori e intese dalle anime Sante nel presente stato di vita, tuttavia ne è rimasta da dire e da capire la maggior parte e quindi c’è ancora molto da approfondire in Cristo. Egli infatti è come una miniera ricca di immense vene di tesori, dei quali, per quanto si vada a fondo, non si trova la fine; anzi in ciascuna cavità si scoprono nuovi filoni di ricchezze. Perciò san Paolo dice di lui: «In Cristo si trovano nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3) nei quali l’anima non può penetrare, se prima non passa per le strettezze della sofferenza interna ed esterna. Infatti a quel poco che è possibile sapere in questa vita dei misteri di Cristo, non si può giungere senza aver sofferto molto, aver ricevuto da Dio numerose grazie intellettuali e sensibili e senza aver fatto precedere un lungo esercizio spirituale, poiché tutte queste grazie sono più imperfette della sapienza dei misteri di Cristo, per la quale servono di semplice disposizione. Oh, se l’anima riuscisse a capire che non si può giungere nel folto delle ricchezze e della sapienza di Dio, se non entrando dove più numerose sono le sofferenze di ogni genere, riponendovi la sua consolazione e il suo desiderio! Come chi desidera veramente la sapienza divina, in primo luogo brama di entrare veramente nello spessore della croce! Per questo san Paolo ammoniva i discepoli di Efeso che non venissero meno nelle tribolazioni, ma stessero forti e radicati e fondati nella carità, e così potessero comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, per essere ricolmi di tutta la pienezza di Dio (cfr. Ef 3, 17-19). Per accedere alle ricchezze della sapienza divina la porta è la croce. Si tratta di una porta stretta nella quale pochi desiderano entrare, mentre sono molti coloro che amano i diletti a cui si giunge per suo mezzo.


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