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il podcast di 5pani2pesci

Advocatus Diaboli

Che cosa fare, se fossi il “nemico” e volessi rovinare l’opera o almeno indebolirla rendendola meno fruttuosa?

  1. Cercherei che l’opera esca fuori dagli argini e dilaghi, non solo in una foce, ma in una palude, con l’aggiunta di sempre nuove iniziative e gruppi di persone.

  2. Mi adopererei per stancare la fondatrice e i massimi responsabili fino all’esaurimento, per farli poi riposare senza limiti, finché non si affloscino e si lascino vincere dalla comodità. Cercherei che dormano il meno possibile.

  3. Colpirei alcuni dei più stretti collaboratori, così che se ne vadano criticando l’opera e ne diano una cattiva immagine, o al contrario si leghino tra loro o leghino ad essi le persone con affettività malsana.

  4. Cercherei di aumentare il lavoro fisico da fare anche dei collaboratori, fino a far trascurare la calma, il raccoglimento e la preghiera, rendendo il sale scipito.

  5. Metterei molto impegno nel tentativo di far crescere la sfiducia gli uni verso gli altri; scatenerei litigi e tensioni tra i collaboratori e consiglieri, così da buttare zizzania e amarezza nell’opera.

  6. Cercherei di focalizzare l’attenzione di tutti sulle cose che non vanno, creando una cortina fumogena spirituale che impedisca di vedere i tanti e meravigliosi miracoli che ogni giorno il Signore opera.

  7. Tenterei di creare molta confusione tra sacro zelo per le anime e tentativi di appagamento di un’affettività disordinata. Cercherei in ogni modo di indebolire il livello di vigilanza, di umiltà e consapevolezza delle proprie fragilità, di prudenza per quanto riguarda l’affettività e la sessualità.

  8. Concentrerei l’attenzione dei vari responsabili esclusivamente sulla cura del proprio orticello, per suscitare poi rivalità, incomprensioni, invidie, gelosie. tra i vari centri e tenterei in ogni modo di nascondere la vana gloria personale con un falso velo di “passione” per il Regno. Spingerei i responsabili a fare ogni cosa cercando la gratificazione personale piuttosto che la Gloria di Dio.

  9. Farei di tutto perché si trascuri l’attenzione alle linee guida, all’organizzazione, all’efficienza, alla maturazione umana oltre che spirituale e cercherei di coltivare una sottile pigrizia. Mi darei quindi molto da fare per evitare che ciascuno si impegni con tutto il cuore, l’anima e le forze affinché i talenti che gli sono stati donati portino frutti per il regno. Cercherei di accentuare un non sano fatalismo, adducendo la scusa che essendo un’opera di Dio, pensa a tutto Lui.

  10. Cercherei di fare sì che le migliori energie dei consacrati vengano sempre maggiormente concentrate su pochi affetti particolari, non sani, e su impegni apparentemente buoni per distrarre cuore, mente e anima dalla Volontà di Dio e dai fratelli che sono in maggior bisogno e necessità.

  11. Alimenterei un tipo di attenzione al fratello che non sia un vero amore, capace di concentrarsi nella ricerca del bene dell’altro; tenterei piuttosto di fare disperdere molte energie nell’accontentare le richieste egoistiche, nell’assecondare i ricatti tossici alla ricerca di accettazione e riconoscimenti. Tenterei di fare perdere molto tempo in mille chiacchiere inutili (con la scusa di creare l’unità) e cercherei di alimentare i giudizi verso terzi (in particolare nei confronti dei rispettivi responsabili) evitando in ogni modo i confronti diretti.

  12. Cercherei di fare concentrare l’attenzione dei consacrati sulle proprie fragilità e povertà, alimentando il senso di inadeguatezza, di fallimento, di scoraggiamento e di condanna, pur di distrarre il loro sguardo interiore da Colui che ama manifestare la propria potenza proprio sulla debolezza.

  13. Spingerei i consacrati ad appropriarsi dei soldi della comunità di loro iniziativa, convincendoli che non è un furto, perché in qualche modo se li sono guadagnati.

  14. Tenterei di creare molta confusione tra un giusto e necessario atteggiamento di misericordia e un amore che talvolta sa essere anche duro, pur di aiutare il fratello a crescere. Cercherei di fare perdere il giusto equilibrio, portando ad eccedere ora in un senso, ora nell’altro.