Ma tu, come ti realizzi nella vita? 🏂 #26
Carissimi
bentornati ad un nuovo numero della ✨ newsletter di 5pani2pesci ✨ mentre ci prepariamo al ritirone di Ora et Labora, stiamo rimettendo insieme, pulendo e finalizzando tutto il percorso per la settimana. Un concetto chiave è quello che Sant’Agostino chiamava Ordo Amoris e che padre Giovanni Marini snocciola molto bene nel suo corso: L’Amore Ordinato. Tutta la nostra vita ruota intorno alle relazioni, ed il motore di qualsiasi relazione è l’amore. Mettere ordine, capire come gestire il proprio universo relazionale sta alla base per una vita bella e realizzata.
Ma realizzarsi non voleva dire vivere i mie sogni? Magari sposarsi, trovare una bella casa, un bel lavoro?
Ora ci arriviamo.
Ma qui si pensa e si opera al contrario 🙀
Buona lettura
Francesco
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Ma tu, come ti realizzi nella vita? 🏂
Così a bruciapelo che diresti?
Capire cosa dona vera pienezza alla nostre esistenze, sembra affare davvero complesso. Infatti, seguendo i consigli comuni mi sono ritrovato a girare a vuoto per anni. Eppure, ci sono tre punti cardinali per fare centro e senza errore. Deluso dalle promesse che ti sono state fatte?
Continua a leggere.
Per i miei nonni fare centro della vita era “mettere su famiglia” e vivere in maniera dignitosa; per i miei genitori è stato riuscirsi ad elevare da un punto di vista sociale, magari passare da un lavoro di fatica ad un mestiere più elevato o intellettuale. Per la maggior parte di noi invece, questi traguardi sono praticamente scontati, facciamo parte della generazione del benessere e la nostra ossessione è piuttosto realizzarsi nella vita, essere felici, fare ciò che ti piace. Per molti la realizzazione passa per lo status sociale, avere successo, un buon lavoro ben pagato che ti permetta di fare ciò che vuoi e, perché no, anche un po’ di prestigio.
Per me l’iter è stato sicuramente questo. Ho avuto una famiglia che mi ha permesso di studiare e di puntare in alto. Ho studiato ingegneria e poi fisica, dottorato a Zurigo. Una bella carriera fatta di successi e soddisfazioni. Una sfida continua per andare più in alto, sempre più in alto.
… fino a che? Fino a che mi sono ritrovato a vivere qualcosa che non mi apparteneva. Un giorno ho aperto gli occhi e mi sono accorto di correre una gara senza senso.
Dov’era la promessa felicità?
A questo proposito, mi è rimasto molto impresso un racconto di don Fabio Rosini. Prima della sua conversione, don Fabio era un musicista abbastanza brillante, e sebbene stesse inseguendo il suo sogno, sentiva che mancasse qualcosa. Allora si disse: “Ecco per essere veramente felice mi devo fare la moto”. E così, se prima era semplicemente un cretino (parole sue), dopo si ritrovò ad essere un cretino con la moto. Ma in effetti mancava ancora qualcosa… “No aspetta, ora ho la moto, ma mi manca ancora la ragazza”. Trovata la ragazza, diventò un cretino con la moto e la ragazza.
Ma sempre cretino restava.
Che mancava?
Specchietti per le allodole
Ragioniamo per obiettivi, per traguardi da raggiungere. Tuo padre te lo ha detto tante volte, hai visto la sua frustrazione, la stanchezza nei suoi occhi: “Trova un lavoro che ti piace (oppure: fai i soldi)” – ti dice, “non come me che sono stato a muffire qui dentro per 30 anni …” alle poste, in banca, in un negozio, perfino in una corsia di ospedale. Ecco le delusioni dei padri tramandate ai figli di generazione in generazione. Intorno a te tutto grida che sei chiamato a fare ciò che desideri, quello che ti piace e che ti viene più congeniale, che soddisfa le tue ambizioni. Soddisfa i tuoi bisogni. Cerca un lavoro di prestigio, “devi andare all’università”, perché non fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere?
Tutte belle ambizioni per carità … ma fermiamoci un momento, quanti medici “realizzati” conosci? Avvocati, ingegneri? Basta lo studio per realizzarsi? Anni e anni e anni su quei libri, privazioni, fidanzamenti d’argento che si trascinano indefinitamente aspettando una laurea, anni a vivere da mamma e papà per finire quel corso di studio così poi … così poi mi potrò finalmente realizzare nella vita, mi sistemo. Ho lottato con tutte le mie forze per raggiungere gli obiettivi che mi ero proposto. Ho ambito a fare ciò che mi piacesse nella vita senza accontentarmi e senza troppi compromessi. È stata dura, ma ne è valsa la pena. D’altro canto mi devo realizzare nella vita, devo realizzarmi per divenire pienamente me stesso, pienamente uomo per poter infine essere felice, o no?
Ecco l’inganno della nostra vita: voler realizzare progetti –i nostri progetti– piuttosto che amare e lasciarsi amare.
Il nocciolo del discorso qui non è se è meglio fare il medico, lo scienziato o il muratore. Ma vivere tutta la nostra vita come una chiamata all’amore. Capire e realizzare che ogni vita è vocazione, che siamo stati pensati da sempre per un progetto d’amore. Progetto che solo noi con la nostra particolare sensibilità, vissuto ed intelligenza possiamo pienamente realizzare: se non lo fai tu quello a cui sei chiamato, non lo realizzerà nessuno a posto tuo. Sei un pezzo unico, sallo! Come mi disse una cara amica che di bordelli ne aveva fatti tanti: “la tua vocazione è quel luogo dove puoi amare totalmente e sentirti amata totalmente”.
Punta a questo.
Investi sull’amore.
Lascia perdere dove ti porta il cuore.
Proprio grazie a don Fabio, grazie ai frati di Assisi, grazie a mia moglie e grazie a tutti coloro che mi hanno annunciato il Vangelo in maniera vera e autentica ho appreso che una vita realizzata passa dall’amore. E l’amore non è un concetto astratto, un fai-da-te improvvisato. L’amore ha delle regole e delle priorità, l’Amore è ordinato.
Ecco i tre cardini che ci ha lasciato Sant’Agostino (ordo amoris)–i tre pilastri– per abbandonare le vecchie strade degli obiettivi ed incominciare a camminare nella via dell’amare e lasciarsi amare.
1. Amare Dio
Parti dal centro. Parti dal tuo creatore, da colui che ti ha pensato da sempre, che ti ha creato per un gesto puramente d’amore. Che ti ha redento attraverso suo figlio Gesù Cristo. Che ti ha inviato lo Spirito Santo affinché tu potessi discernere la tua vita alla luce della Sua volontà; affinché tu potessi andare oltre le tue conoscenze e capacità. C’è da riconoscersi sue creature, riconoscere che nostro obiettivo nella vita è proprio Lui. Non un cercarlo così poi quella relazione andrà meglio, così poi il lavoro andrà meglio. Lui è il fine, non il mezzo. Conoscerlo, incontrarlo, ascoltare la sua voce e lasciarsi amare. Ecco si parte dallo stare fermi, dal farsi abbracciare da questo amore. In effetti non c’è niente da fare, c’è da accogliere, c’è da svuotarsi delle nostre aspettative su noi stessi e su di Lui. C’è da spendere del tempo con Lui. Come quando vai al mare e ti sbrachi a prendere il sole, fai lo stesso col Signore. Fatti abbronzare dal Signore, ecco la preghiera che devi fare.
2. Amare se stessi
Insieme al suo amore e alla sua misericordia il Signore ci dona la nostra vocazione: il luogo dell’amore e della relazione con Dio e con gli altri. Sei frutto di un gesto d’amore, non sei un ripensamento, un after-thought. Non sei sbagliato. E se ci sono dei problemi nella tua vita c’è un motivo anche per quelli. Forse non lo vedi … o non lo vuoi vedere. A volte è dura ma “ognuno è chiamato a compiere qualcosa nella sua condizione”. Giastin ne era convinta: bella o brutta, sano o malato, sempre qualcosa sei chiamato a compiere. Ecco ti annuncio una grande gioia: fallo.
Tu sei fatto come un prodigio, il Signore non si è sbagliato. Non importa se hai il naso a patata o il culo-che-fa-provincia™, il Signore ti ha desiderato fin dal principio così come sei. Il tuo corpo va bene anche se non è scolpito come un bronzo di Riace perché nella vita l’unico muscolo che serve veramente è quello dell’amore, tutto il resto è vanità.
3. Amare gli altri
Una volta che hai curato la tua relazione con Dio e che ti sei riconosciuto/a creatura di Dio, figlio amato e desiderato, allora (e solo allora) il tuo cuore colmo d’amore può rivolgersi agli altri. Questa è la differenza tra la crocerossina incallita ed il cristiano. Nel primo caso, si parte per salvare il mondo con le proprie forze, secondo un tuo progetto, si combattono le ingiustizie, e si trasforma la propria vita in una crociata contro il male.
Nel secondo caso invece, tutto parte dal Signore. Il progetto è di Dio. Tu sei semplicemente il braccio, Lui la mente. Non segui un tuo ideale di giustizia, ma semplicemente rispondi alla tua vocazione che è la tua personale chiamata all’amore. Sei la penna di Dio come dice Madre Teresa di Calcutta, è Lui che scrive dritto sulle righe storte. Lui parla, tu rispondi. Sarà nel mettersi a servizio che troverai la vera pace –la realizzazione nella vita– diventare ultimo piuttosto che primo perché lì c’è la vera ricompensa, quella che ti aspetta da sempre.
Ma non farti fregare.
Non sulle tue forze ma sulle Sue. È Gesù che ce lo insegna chiaro chiaro:
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero –Mt11,30
Il giogo diventa leggero perché si basa sull’amore ordinato, quello di cui abbiamo appena parlato: una relazione profonda con il Signore (punto 1) ed il riconoscersi figli di un Padre buono (punto 2).
Il rischio è tu possa essere felice.
Tutto il resto è vanità.
Buon cammino.
Fra
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