Morte è Risurrezione: che significa davvero? #84
Ciao!
È venerdì 💫 ed eccoci con un nuovo numero della newsletter di 5pani2pesci!
Oggi partiamo da una domanda che ci ha scritto una ragazza e che tocca il cuore della fede cristiana. Una di quelle domande che non si possono aggirare, perché vanno dritte al punto.
Buona lettura!
Fra & Ale
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Morte è Risurrezione: che significa davvero?
“Vi scrivo perché ho un tema molto a cuore: ’la morte è risurrezione’, ma che mi significa?! Siamo tutti d’accordo che in ogni dolore dobbiamo dare spazio a Dio, che Lui solo può trasformare questo dolore e spesso darci anche una spiegazione, ma la morte e risurrezione di Gesù come si fa a spiegare, in pratica che cos’è?! Potete darmi una mano?”
Insomma, la domanda delle domande!
Ed è giusta porsela. Ma, a mio avviso, per capire a fondo questa questione, c’è un’altra domanda a monte che dobbiamo farci: che senso ha questa relazione che noi cerchiamo con Dio? Perché Dio si relaziona con noi o si vorrebbe relazionare con noi? E perché noi dovremmo rispondere?
La domanda non è banale, perché la Sacra Scrittura racconta innumerevoli vicende assurde: storie di uomini che si trovano in situazioni terribili proprio a causa dell’intimità che vivono con Dio. Forse quella più eclatante è quella di Mosè e del popolo di Israele che a un certo punto si trova proprio nella disperazione. E si trova nella disperazione perché dopo aver ascoltato con fiducia la promessa di libertà di Dio, la vita lo porta davanti a una situazione assurda: il popolo d’Egitto che lo insegue per trucidarlo e davanti solo il Mar Rosso.
Non so per te, ma questa situazione rispecchia alcuni momenti tragici della mia vita. E non sono il solo: spesso ci troviamo in situazioni in cui siamo incalzati alle spalle dal nemico, ma di fronte non si apre alcuna strada. E noi chiaramente preghiamo, invochiamo il Signore finché riusciamo, poi imprechiamo e ci arrabbiamo, infine rimaniamo delusi e affranti.
Ma è molto importante capire perché Mosè e il popolo si trovano di fronte a quella assurdità. Se ci pensi bene, loro si trovano in quella situazione non per l’ostinazione del Faraone, ma a causa del fatto che hanno ascoltato e obbedito alla parola del Signore! Ma come?! Non ci siamo forse tutti avvicinati alla Fede per stare bene? Ma la verità e che se non avessero ascoltato la chiamata di Dio, se Mosè non avesse accolto la vocazione che gli veniva proposta in maniera così forte, se si fossero fatti i fatti loro e avessero continuato a vivere la loro vita quotidiana non si sarebbero trovati davanti alle placide acque del Mar Rosso. Certo, avrebbero continuato a vivere in schiavitù, ma non si sarebbero trovati di fronte a una situazione “di vita o di morte” di quel tipo. Allora capisci bene, che ci deve essere qualcos’altro, ci deve essere un di più. Perché vista così è proprio una fregatura.
Mosè di fronte a quella situazione assurda alza gli occhi e continua a mettersi in un atteggiamento di affidamento. Un affidamento che è totale: È pronto a morire, perché è chiaro che la situazione non ha soluzione. Ma come si è affidato quando è andato a parlare al Faraone, così si affida di fronte al Mar Rosso.
E Dio fa quello che è bravo a fare: apre le acque, mette in salvo il popolo, risolve l’impossibile.
Due strade sempre davanti
Nelle situazioni impossibili abbiamo sempre due opzioni: voltarci indietro e cercare le nostre soluzioni per risolvere problemi molto più grandi di noi, oppure continuare ad affidarci fino in fondo – pronti a morire. Questo affidarsi fino in fondo ha a che fare con la croce di Gesù.
San Paolo lo dice esplicitamente:
«Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui» – Tm 2,11
E questo vuol dire proprio impostare la propria vita in un ascolto sempre più fedele a Dio e a Gesù. Non sia nascosto a nessuno che questo seguire il Signore può portare a grandi sofferenze – lo vediamo nella vita dei santi – e a grandissimi contrasti (non sono venuto a portare pace, ma una spada. Mt4,36). Perché seguire Dio non è cosa ben accetta al mondo.
Detto in altre parole: nelle situazioni difficili della tua vita, nelle situazioni impossibili, abbiamo sempre due opzioni – la nostra strada e la strada di Dio.
Chiaramente, chiesto a freddo, tutti quanti risponderebbero: “Ma certamente preferisco seguire la strada di Dio rispetto alla mia”. Però nella pratica non è così. Nella pratica, ci organizziamo quotidianamente per trovare soluzioni fai-da-te. E questo ci sta, perché è giusto, il Signore vuole che mettiamo mano alle situazioni. Però il punto è su chi poggiamo il peso.
Spesso poggiamo il peso sulle nostre soluzioni. E quindi diciamo: “Sì sì, Signore, pensaci tu”, ma nel frattempo mi organizzo il piano A, B, C e D per poter risolvere, senza credere fino in fondo che Dio aprirà una strada, senza essere disposto fino in fondo a lasciarmi condurre dove Lui mi indicherà.
Morire con Cristo
Morire con Cristo vuol dire, quotidianamente, fare tutto ciò che è nelle mie possibilità rimettendo tutto nelle mani di Dio. E questo vuol dire accettare ciò che il Signore prepara per me e i luoghi che il Signore mi vuole far attraversare, che a volte possono essere terribili, a volte possono essere una spiaggia deserta di fronte al Mar Rosso con il popolo d’Egitto alle spalle pronto a farti fuori.
Morire con Cristo vuol dire abbandonare la propria intelligenza, le proprie capacità, ma anche i propri sogni e le proprie aspirazioni nelle mani di Dio. Lasciarsi condurre fino in fondo come un agnello avendo quella fiducia vera, profonda, che è così difficile da avere: che sarà il Signore a risolvere i problemi irrisolvibili della mia vita.
Questo è morire con Cristo. Ma proprio in questo (e solo in questo) si sperimenta la Risurrezione.
Perché in quella fiducia totale, e soltanto nella fiducia totale, quando veramente c’è un affidamento completo, allora sperimentiamo che Gesù è il Signore della nostra vita. Perché sarà proprio Lui ad aprire le acque del Mar Rosso, sarà proprio Lui che aprirà una strada per portarci in salvo.
Ma questo non è gratis.
Perché in tutto questo processo dobbiamo morire a noi stessi: dobbiamo morire al salvarci da soli. Finché non muore questo, non possiamo sperimentare fino in fondo la risurrezione di Gesù.
E allora torniamo alla domanda iniziale: Perché dovremmo relazionarci con Dio? Perché dovremmo mettere la nostra vita a repentaglio per Dio?
Ognuno deve rispondere per se stesso.
Per quanto mi riguarda, io vivo questo passo di Vangelo:
«Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna» – Gv 6,68
Questa è la mia risposta. Tutta la Scrittura, la Preghiera, i Sacramenti sono luoghi dove sperimento una vita piena, profonda, e semplicemente… bella. E lì voglio stare. Tutti i casini della mia vita e tutte le situazioni assurde che sono chiamato a vivere (proprio a motivo del Vangelo!), per me vanno bene. Fanno male. Ma vanno bene. Sono assurde. Ma vanno bene. Perché è proprio nel viverle fino in fondo in quella fiducia (fino a trovarmi di fronte alle acque del Mar Rosso, incalzato da vicino da chi mi vuole male) che sperimento quella relazione autentica, quell’Amore Paterno e una vita che va molto oltre le mie migliori aspirazioni possibili. In relazione con Gesù, mi trasformo, passo dopo passo, nella versione migliore possibile di me stesso. Ed è bello.
Per me ne vale la pena.
Il rischio è che tu possa essere felice.
Grazie per questa domanda, spero di aver – almeno in parte – dato una risposta.
Fra
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