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Come la pioggia e la neve #44

Carissimi

bentornati ad un nuovo numero della ✨ newsletter di 5pani2pesci ✨ Situazione meteo disastrosa a pochi giorni dalla iii edizione di Ora et Labora – giustamente ribattezzata ex3me!@ edition – condividiamo i nostri appunti di viaggio del Cammino del Buon Ladrone, pellegrinaggio a piedi che abbiamo fatto per Pasqua. Giorni intensi che ci hanno insegnato la guarigione del cuore!

Qui si pensa e si opera al contrario 🙀

Buona lettura

Francesco

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Come la pioggia e la neve

Appunti di viaggio del cammino del Buon Ladrone.

Queste sono state alcune delle motivazioni che hanno spinto un gruppo di ragazzi (folli??) a partire per un’avventura che – tutto è stato – tranne quello che era stato progettato. Un’avventura che ha saputo sconvolgere ogni nostra sicurezza ma che ci ha dato la dimensione concreta di una presenza di Dio umana, concreta, nella totale precarietà, fatta di gesti e di sguardi semplici.

Avevamo in progetto di vivere un pellegrinaggio a piedi di 5 giorni in completa autonomia. Tenda sulle spalle, fornelletto e qualche provvista per attraversare tutta la Basilicata per circa 120km ed arrivare il Giovedì Santo in un eremo per vivere il Triduo Pasquale.

E invece…

Proprio in quei giorni una perturbazione artica ha sconvolto l’Italia portando nuovamente pioggia e neve, il tutto accompagnato da un freddo veramente … artico! Il susseguirsi delle allerte meteo ci ha costretto a valutare, fermarci, discutere e infine arrendereci alla verità della vita! Gelassenheit!

Ma sin dall’inizio quello che sembrava una sfiga colossale si è trasformato in Grazia. Rimanere bloccati in convento per due giorni e mezzo ci ha dato l’opportunità di entrare in una nuova consapevolezza sul perché eravamo lì. Il tempo passato tra il gioco e la preghiera, il cucinare e dare una mano, è stato un vero e proprio reset, che ci ha fatti entrare in una dimensione nuova e più piena.

'lasciarsi scombinare i piani'

Francesca: “Ci è stato chiesto di chiedere una cosa grande, io ho chiesto di togliere la mia rigidità. Camminare mi ha aiutato a ricordare che non sono io a prendere il sopravvento ma solo grazie a qualcun altro posso avere la Luce dentro. Ho imparato ad ascoltare e a affidarmi.”

Alberto: “Mi è venuto in mente il confronto tra Buon Ladrone e Buon Samaritano, quel “e invece…” che dice Gesù sulla croce: una apertura ad una nuova possibilità che ti dà Dio, apertura alla speranza. C’è stato un momento del cammino in cui avrei detto “basta”,e invece ho detto “e invece andiamo avanti”. Il giorno prima del cammino la nostra decisione si è basata su tre passaggi: la fase di organizzazione (confronto dei diversi percorsi), i fatti concreti (guardare il meteo) e la Parola di Dio con la scrutatio. Abbiamo fatto il vero discernimento! Porto con me la bellezza con cui ci siamo accompagnati.”

Tim: “Abbiamo camminato insieme come una famiglia, eravamo lì gli uni per gli altri, pronti ad aiutarci a vicenda. Il fatto che non siamo partiti subito, che siamo rimasti qualche giorno all’eremo e che abbiamo deciso insieme che cosa fare mi ha ricordato che posso prendere il tempo nella quotidianità e nella vita di tutti i giorni, anche quando tempo non ce n’è.”

Il giorno stabilito per la partenza, il meteo era ancora inclemente. Il termometro dell’auto segnava 2 gradi e intorno a noi pioggia mista a neve cadeva inclemente.

Che fare? Partire? Rinunciare?

Dietro a questo cammino c’è stato un lavoro di mesi, di fronte all’imprevisto è importante rimanere in verità, di fronte al pericolo si può dire di no. Abbiamo scelto insieme che cosa fare, molti di noi avevano la tentazione di farlo tutto lo stesso, ma ascoltandoci abbiamo deciso di fare quello che era nelle nostre capacità, abbiamo saputo dire di no.

Come dice il mio amico Don Samuel: “La realtà batte le idee, 100 a 0!”. Alla fine anche il maltempo viene da Dio – ci ha sconvolto i piani – ma è proprio così che funziona la vita: tu fai progetti e Dio te li sconvolge.

Gabriele: “Camminare per lasciarsi scombinare i piani. Sono partito per questo cammino senza aspettative: è importante per lasciarsi stupire dagli imprevisti. Francesco aveva pianificato tutto, eppure non siamo partiti da dove era previsto, né siamo arrivati alla fine, né siamo mai arrivati a fine tappa: i nostri piani sono stati totalmente scombinati. Abbiamo camminato i primi due giorni sotto la neve o la pioggia, ma mi ha colpito che nei momenti in cui dovevamo mangiare e montare/smontare le tende non è mai piovuto o nevicato. Su in vetta abbiamo visto un paesaggio meraviglioso: la bellezza si è vista nella maestosità delle montagne e in una piccola coccinella, che era lì tranquilla su un sasso.”

A pensarci bene le cose stavano andando a meraviglia! Iniziando questo cammino abbiamo chiesto la guarigione del cuore. Ma come facciamo ad affidarci a Dio se abbiamo tutte le condizioni favorevoli, il bel tempo e il percorso pianificato? Il Signore ci mette in difficoltà così che possiamo affidarci a lui e ne usciamo rinnovati. Non è sadismo, ma è insegnamento nell’affidamento. Non eravamo soli a camminare, con noi e in mezzo a noi, c’era il Signore.

E poi ci sono stati momenti di puro divertimento e condivisione. Come quando siamo stati tutta una sera davanti al fuoco a parlare (e ad asciugare calzini) ragionando sulle differenze tra essere uomini e essere donne. O quando – approfittando di una pausa dalla neve – ci siamo tuffati in un fiume stupendo (con la scusa?) di lavarci e sfogare taaanto testosterone…

'bagno al fiume'

Alessandra: “Realman è chi è capace di mettersi al servizio, Realwoman è chi fa spazio per lasciarsi servire. E questo è stato ben evidente in questi giorni di cammino. Ho capito quanto sto bene a stare in gruppo: si apre il cuore in sincerità.”

Andrea: “Camminare facendo una cosa alla volta. Ho riscoperto la gioia di mettersi al servizio. Prima di partire Francesco ci ha detto di portare solo le cose essenziali, di avere uno zaino leggero e minimal. Ma per me l’essenzialità non è questo: l’essenziale è avere tutto ciò che serve ed essere in grado di adattarsi alla situazione (infatti avevo uno zaino di 17 kg con tanto di bottiglia di vino, pasta e formaggio) . In questo cammino il nostro programma e le tracce che dovevamo seguire sono state stravolte, potevo solo affidarmi. Nella vita è importante fare programmi, ma è altrettanto importante accettare che vengano stravolti.”

Il momento più di sconforto per me è stato verso la fine del secondo giorno, quando eravamo tutti bagnati e sentivamo il freddo, avevo addosso tutto quello che potevo: due pantaloni, due pile, maglia termica ma nonostante questo avevo freddo. Ero tentato di chiamare Alessandra e farci venire a prendere. Ero preoccupato per Samuele, che invece veniva avanti saltellando. Ho attinto la forza dagli altri che stavano bene. Fermarsi e tornare a casa era una tentazione perché lo sguardo era rivolto verso l’interno, verso di me, verso quello che provavo, ma guardando gli altri che stavano bene ho attinto la forza da loro.

Da qui ho intuito una cosa importante per la mia vita: Le prove sono permesse da Dio e sono esterne a me. Le tentazioni invece partono da dentro, sono quella vocina cattiva che insinua il dubbio – il sabotatore! – che dice che non ce la farai, che non vali. Le prove di per se non sono né buone, né cattive… sono prove! Il punto è come reagisco, è come mi comporto di fronte alle prove. Lì fai la differenza.

Poi ci sono stati momenti oggettivamente difficili, come quando abbiamo dovuto affrontare un tratto in cresta a quasi 2000m di quota. Non eravamo attrezzati per superare quei passaggi in presenza di neve e non tutti avevano esperienza di montagna, ma la mia preoccupazione più grande era il dopo, non ero sicuro che ci fosse un sentiero segnato dall’altra parte e con la neve non è stato semplice trovarlo.

Arrivare in cima è importante, ma scendere lo è ancora di più!

Jole: “Quando condividi con gli altri sono gli altri a darti la forza. In questo cammino ho imparato ad accettare l’aiuto delle persone che stanno accanto a me, ho capito che non sempre ce la posso fare da sola e che è importante affidarsi a qualcun altro, concretamente e spiritualmente. Nel salire la cresta della montagna volevo farcela da sola, ma le mie paure, le mie fragilità e lo zaino mi facevano scivolare. Ho avuto un attimo di sconforto, davvero pensavo che non ce l’avrei fatta ad arrivare in cima. Inizialmente provavo a salire seguendo gli altri, facendo quello che facevano loro, mettendo i piedi dove li mettevano loro, ma non stava funzionando. Fare quello che stavano facendo gli altri non era giusto per me; ho capito che così non poteva funzionare, ho capito che dovevo fidarmi di qualcun altro. Concretamente è stato Tim ad aiutarmi a salire, ma spiritualmente mi sono affidata al Padre: dentro sentivo pace e serenità.”

'la cresta del terzo giorno'

Marta: “È stato un camminare nella concretezza e nella fatica. Un sentire come Dio agisce nella mia vita: fai tu!”

Emanuele: “Nel cammino come nella vita spesso non vedi il sentiero, un tratto lo intuisci, te lo inventi, solo per poi ritrovarlo un pochino più avanti.”

Ancora la parola ai ragazzi…

“Partiti dal soleggiato Nord, la ricca settimana che ci stava attendendo non era nemmeno lontanamente prevedibile. L’aver sperimentato quanto concretamente Dio agisce nella nostra vita è stata una sorpresa per tutti: un presupposto e un frutto del cammino fatto insieme.”

“Un presupposto perché la pioggia e la neve di Isaia, vissute in abbondanza sulla nostra pelle, si sono rivelate allo stesso tempo “condizioni sfavorevoli” e strumenti che ci permettessero una volta in più una lezione di filiale affidamento al Padre. Appena arrivati in Basilicata ci siamo ritrovati a fare un discernimento rispetto al nostro pellegrinaggio ascoltando, oltre ai nostri desideri, anche i fatti concreti dell’allerta meteo e dell’organizzazione delle diverse tappe. La scelta finale, presa nella reale disponibilità a lasciarci sconvolgere i piani, ci ha visti decidere di mantenere il percorso originario, posticipando la partenza al martedì, dalla terza tappa dell’itinerario.”

“Inoltre, se è vero che come la pioggia e la neve, la Parola uscita dalla mia bocca non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata (Is 55, 10-11), eravamo certi di ricevere abbondanza di grazie in risposta alla richiesta grande fatta all’inizio del Cammino. I primi passi e la prima ora di ogni giornata di cammino sono trascorse, infatti, silenziose, meditative, per permetterci di rimanere sul nostro perché e per chi avessimo deciso di essere tra sentieri sperduti, freddi e impervi della Basilicata.”

“Dio si è dato a noi anche come frutto pasquale del nostro marciare. La disponibilità alla condivisione (di vita e di fede), da subito presente in modo molto naturale tra noi, ci ha fatti sentire in pochi giorni di essere come una famiglia. Soprattutto nei tratti più impervi, dove più ragionevolmente ciascuno avrebbe pensato al portare a casa la propria pelle, Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio (Fil 2,6), ha preso le sembianze dei compagni di cammino: della mano tesa o della corda allacciata alla vita, ma anche della pacca sulla spalla o del gioco fatto per alleggerire la fatica. Ci siamo riscoperti capaci di metterci al servizio, ma anche di abbassare le difese e di accogliere il gesto di un altro per noi. L’essere cristiani sta tutto nella capacità di lasciarsi amare, d’altronde, no?”

“E certe volte questo significa lasciare che qualcuno ti allacci una scarpa, ti si affianchi per alleggerirti la fatica, o che dal suo zaino pesante tiri fuori una bottiglia di vino, delle caramelle o del salame…anche per te.”

“L’esperienza vissuta non è stata fine a se stessa: ha creato relazioni e possibilità inedite da sviluppare, affidandoci alle mani di quel Dio che si commuove al sentirsi chiamare “Padre” e che, meglio di noi, conosce il meglio per noi.”

“Grazie di cuore, compagne e compagni di cammino!”

Il prossimo numero della newsletter fra due settimane (la prossima saremo impegnati con Ora et Labora!)

Il rischio è che tu possa essere felice!

Buon cammino

F


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